Dialoghi – Imparare il rispetto per l’ambiente
Gennaio 2025

Dall’aumento della raccolta differenziata alle iniziative nei parchi urbani, il tema dell’educazione ambientale è oggi cruciale nel sensibilizzare i cittadini della Repubblica popolare. “Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano.
Di Sabrina Moles
Oggi entrare in un compound cinese significa trovare, insieme alle guardie di sicurezza e ai locker per gli acquisti online, una serie di bidoni per la raccolta differenziata. In Cina tale cambiamento è avvenuto solo da qualche anno, così come sono esplosi in tutto il paese i cartelloni e gli slogan che invitano a mantenere città e parchi belli e puliti. Il lavoro di educazione ambientale che tali cambiamenti richiedono non è indifferente: è stato promosso nel corso dei decenni e fatica tuttora a prendere piede in un mondo sempre più minacciato dai cambiamenti climatici e dal degrado ambientale. Cosa sta facendo Pechino per sensibilizzare i suoi cittadini al rispetto dell’ambiente diventa cruciale per il futuro del paese e del resto del mondo.
Educazione ambientale tra politica e istruzione
L’educazione ambientale è l’elemento chiave che i governi hanno a disposizione per creare una narrazione sul rispetto dell’ambiente capace di sensibilizzare i cittadini e renderli protagonisti del cambiamento. In Cina se ne parla dal 1973, a seguito della Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente umano, che includeva tra i suoi principi la promozione dell’educazione ambientale.
“L’educazione in materia ambientale, sia per le giovani generazioni che per gli adulti, con la dovuta considerazione per i meno privilegiati, è essenziale per ampliare le basi per un’opinione illuminata e una condotta responsabile da parte di individui, imprese e comunità nella protezione e nel miglioramento dell’ambiente nella sua piena dimensione umana”.
A quei tempi il tema della protezione ambientale era perlopiù relegato ai suoi aspetti più tecnici. Di conseguenza, in questa fase l’attenzione venne orientata ai curricula universitari e alla formazione di personale qualificato, con ancora poca attenzione alla comunicazione di massa. Nel 1978 il Leader Group on Environmental Protection del Consiglio di Stato ha poi chiesto che la protezione ambientale dovesse essere inclusa nei programmi scolastici delle scuole primarie e secondarie, raggiungendo questo obiettivo però solo nel 2003.
Con gli anni l’argomento si è poi esteso ai funzionari pubblici e a tutte le figure politiche coinvolte nella gestione di città, complessi industriali e parchi nazionali. La vera svolta arriva negli anni Duemila, quando insieme a un evidente aumento dell’inquinamento arriva una maggiore attenzione da parte della cittadinanza. Il tema principale è quello della sanità, dato l’impatto – a breve o a lungo termine – degli inquinanti sulla salute dei cittadini. Da lì il passaggio al nuovo leitmotiv di Partito, “la civiltà ecologica (shengtai wenming 生态文明)”, è un attimo.
L’educazione ambientale evolve in educazione allo sviluppo sostenibile, e cambiano l’approccio e la portata delle iniziative. Non più solo un ragionamento dedicato ai professionisti, dunque, ma la necessità di coinvolgere e sensibilizzare la popolazione sui temi ambientali per spronare il rispetto all’ambiente. Tutto può ricordare ai cittadini l’importanza del rispetto dell’ambiente: che siano i tradizionali striscioni sparsi per le città o posizionati soprattutto nei parchi pubblici, oppure l’estensione e la cura delle aree verdi urbane.
Educazione nelle scuole, due casi studio
Rendere l’educazione ambientale più efficace, però, richiede ancora molto lavoro. Lo ha raccontato un sondaggio tenutosi nel 2018 in quattro istituti scolastici della città meridionale di Nanning: nel testare studenti e insegnanti sulla propria consapevolezza ambientale era emerso come il solo ricorrere alle lezioni teoriche non fosse sufficiente.
Gli studenti, appartenenti a primaria e medie (che in Cina si frequentano fino al quindicesimo anno d’età), avevano nozioni chiare su inquinamento da plastica e mobilità sostenibile. Ma il 62% di loro aveva anche dichiarato di non aver acquisito competenze specifiche per risolvere problemi ambientali. Le uscite sul campo, per esempio, rimangono perlopiù assenti e le lezioni si limitano alla lettura di materiale specifico o alla visione di immagini e video.
Ciò non significa che non ci siano dei miglioramenti: un altro studio condotto a distanza nel tempo ha infatti riportato dei miglioramenti tra le conoscenze degli studenti dell’università di Xiamen. Rispetto al primo sondaggio del 2007, infatti, nel 2020 gli universitari erano migliorati in 8 quesiti tra gli 11 proposti. Ciononostante, la distanza tra società civile e associazioni ambientaliste rimane un altro cruccio nei piani di Pechino.
Nonostante la stretta burocratica sulle ONG internazionali, per esempio, associazioni come la Jade Goodhall Institute permettono di avviare progetti di volontariato internazionale nelle grandi riserve africane. Lo stesso vale per il centro di conservazione e tutela del panda gigante di Chengdu, che offre delle esperienze sul campo di diversa durata per avvicinare cittadini cinesi e turisti al tema della biodiversità e della protezione delle specie protette.