Dialoghi – Her story: la giustizia di genere non è più rimandabile
Febbraio 2025

Privilegio di genere e diseguaglianze sono al centro della nuova pellicola della regista cinese Shao Yihui che ha superato la censura, forse per il suo tono umoristico e poco conflittuale. “Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano.
Di Agnese Ranaldi
“Abbiamo preso troppo dal privilegio di genere. Tutti gli uomini si portano dietro questo ‘peccato originale’”. Così un uomo parla a un amico con inedita consapevolezza in un film femminista che è diventato un caso in Cina per il suo successo al botteghino. Si tratta di Her story (in cinese 好东西, hǎo dōngxī, letteralmente “cose buone”) diretto da Shao Yihui, che ha incassato oltre 640 milioni di yuan (circa 88 milioni di euro). In un paese in cui le istanze delle donne – come le rivendicazioni pubbliche in generale – sono considerate un tema delicato perché portano luàn, 乱, “caos”, e creano instabilità sociale, Her Story è riuscito a superare la censura. Secondo Vivian Wang del New yorktimes, il film ci è riuscito grazie a un approccio umoristico e non conflittuale su temi delicati legati alle diseguaglianze e al privilegio di genere (性别红利, xìngbié hónglì).
La trama è animata da personaggi con i quali il pubblico è riuscito a empatizzare: tre donne che vivono a Shanghai e che vengono raccontate attraverso uno sguardo intimo sulle sfide che ciascuna affronta ogni giorno. Wang Tiemei, ex giornalista investigativa, combatte per affermarsi in un settore ancora dominato dagli uomini. Ye, una musicista dallo spirito ribelle, si confronta con le difficoltà dell’amore e delle relazioni interpersonali. Li, madre single, cerca di conciliare le responsabilità professionali con quelle familiari. Il tutto è accompagnato da riferimenti alle discriminazione di genere, alle molestie sul lavoro e alle pressioni sociali che le donne affrontano nella società (社会, shèhuì).
“L’aumento dei film rivolti alle donne non solo riflette i mutevoli costumi sociali della Cina, ma si collega anche a una tendenza mondiale”, ha scritto il China Daily, quotidiano in lingua inglese vicino al Partito comunista cinese, commentando il successo di Her story. La popolarità della pellicola, sostiene il giornale, “è stata l’eco locale di una tendenza cinematografica globale che ha guadagnato slancio negli ultimi anni, come dimostra la popolarità di film come Barbie negli Stati Uniti, Anatomia di una caduta in Francia e C’è ancora domani in Italia, tutti successi sul femminismo”.
Il paragone tra Her story e Barbie è stato piuttosto frequente, soprattutto sulla stampa internazionale. La leggerezza accomuna i due racconti, ma mentre il film di Greta Gerwig è calato in un contesto di matrice occidentale, quello di Shao Yihui dà risalto alle contraddizioni specificatamente cinesi, rappresentando bene lo scontro tra modernità e tradizione. D’altronde, non è la prima volta che la regista cinese esplora le relazioni femminili con profondità e sensibilità: anche la sua opera precedente, B for Busy, aveva dato spazio a questi temi. In Her story concilia sapientemente dramma e ironia per creare un ritratto realistico e coinvolgente delle protagoniste.
Il film tocca argomenti delicati come la sessualità femminile, la condizione delle madri single e la censura, ma senza toni provocatori. In una società in cui è difficile avanzare istanze di cambiamento attraverso manifestazioni pubbliche o rivendicazioni collettive, senza destare la preoccupazione del Partito, l’approccio umoristico del film ha consentito di rappresentare anche violenza domestica e molestie, temi che raramente trovano spazio nel cinema mainstream cinese.
La mancanza di una retorica conflittuale ha fatto sì che venisse celebrato anche dal quotidiano del Partito comunistacinese, il People’s Daily, che lo ha salutato come “un nuovo sguardo sulle dinamiche di genere” e dal Global Times, che lo ha definito un film che “rompe i tabù e ridefinisce i legami”.
Se l’encomio da parte dei decisori politici cinesi può destare sospetti sull’effettiva portata del cambiamento sociale, d’altra parte può rappresentare un’inedita presa di consapevolezza del governo su questioni che scalpitano per essere affrontate. Shao Yihui ha dichiarato di non volere alimentare una “guerra di genere”. Allo stesso tempo, però, non si è sottratta alle responsabilità che il successo porta con sé: ha difeso il ruolo delle voci più radicali dei movimenti femministi, riconoscendo che senza di esse e senza l’attenzione che sono riuscite ad alimentare su certi temi, Her story non sarebbe stato nemmeno pensabile. Il successo con cui è stato accolto dal grande pubblico (che lo ha premiato con un punteggio di 9.1 su 10 punti sulla piattaforma di recensioni Douban, 豆瓣, e si è posizionatotra i 15 film più redditizi dell’anno in Cina) è un segnale che informa l’intera società cinese: le questioni di genere sono un tema non più rimandabile.